Omette, il buon consigliere di minoranza Giovanni Puggione nei suoi ultimi scritti, alcuni elementi fondamentali nella piccola storia del mercato. E la storia, lo dico io che non l’ho mai studiata, si fa con tutti i dati sulla scrivania, non solo con quelli che convengono e che fanno bene alla personale causa.
Piazza Gramsci viene bocciata come area mercatale dal Commissario prefettizio. Le ragioni sono molteplici: igienico-sanitarie, strutturali, di traffico.
Non sono “deboli” le forze che vorrebbero archiviare definitivamente il mercato in quell’area, abbattere il “castello” e trasformare piazza Gramsci in una piazza urbana e non nego che all’epoca ero una di quelle.
Passano gli anni e anche per le pressioni sulle forze politiche, si riconsidera l’idea di reintrodurre un mercato. Un clamoroso passo indietro? No, perché i tempi, le esigenze, i bisogni, i contesti cambiano. Il Borgo antico ha bisogno di una spinta anche per arginarne il degrado. L’amministrazione si inventa due opportunità: i contributi per le facciate, i contributi per l’apertura, il trasferimento o il rinnovamento di un’attività produttiva. In precedenza, il Consiglio comunale aveva varato le deroghe tecnico-urbanistiche e igienico-sanitarie che consentivano insediamenti produttivi anche in locali non idonei. Il risultato delle iniziative è stato, diciamo, non entusiasmante.
Allora, secondo alcuni, il rilancio del centro storico sarebbe passato solo attraverso la reistituzione del mercato.
Abbiamo pensato che la soluzione migliore fosse un “mercato ad alta specializzazione” basato sulla vendita di prodotti agricoli: piccoli coltivatori, filiera corta, equo-solidale, progetti sociali (come il nostro spread). Il risultato è noto a tutti (tranne che al consigliere di minoranza Puggione, che non ne parla). La cosa migliora con i contributi: l’Amministrazione sposta diecimila euro a favore del mercato agricolo. Risultato: una sola domanda. Il mercato non si può fare.
Dopo le elezioni di maggio, il dibattito si fa più acceso e l’Amministrazione decide di sperimentare un ritorno al passato. Su nove posteggi resi disponibili, ne vengono richiesti tre. Il quesito che il consigliere censore non pone è proprio questo: come mai in un paese come Capurso non ci sono nove tra commercianti itineranti, piccoli coltivatori e altri operatori similari? E i giovani disoccupati?
Gli uffici hanno dovuto attendere fino all’ultimo giorno perché c’erano forti dubbi se avviare o meno il mercato con un terzo degli operatori.
Un’altra questione. Gli uffici hanno effettuato due sopralluoghi con i funzionari della Asl di Triggiano, in uno ero presente anch’io. Esito positivo. Però ufficioso. Quando tuttavia è stata presentata la relazione per ottenere il nulla osta della struttura sanitaria, il procedimento è stato preso in carico dagli uffici del Dipartimento di Prevenzione di Bari. Insomma, bisognava cominciare daccapo. Triggiano non c’entra più.
Un’ulteriore problematica. Il personale che opera presso gli uffici comunali è, numericamente, quello che è. Deve seguire i numerosi procedimenti, le cui caratteristiche comuni sono la complessità.
Tornando al “siamo solo in tre”, l’Amministrazione, ha due possibilità: fermarsi (e ne avrebbe tutte le ragioni), o andare avanti.
Decide di andare avanti. Il termine di presentazione delle domande viene prorogato a fine marzo. I manifesti vengono fatti affiggere nei comuni limitrofi. Il risultato, sinora, è sostanzialmente deludente. Si decide di ricominciare da tre.
Perché è rimasto il 30 giugno? Solo perché, per modificare tale data, si sarebbe dovuto fare un ulteriore (e inutile) passaggio in Giunta. Quel termine, lo capisce chiunque, eccetto chi ha voglia di strumentalizzare, può essere spostato in qualsiasi momento, allorquando ve ne sia bisogno. Non va dimenticato che il mercato rionale del Borgo antico è sperimentale e che la sua istituzione definitiva deve passare per il Consiglio comunale.
Non credo, infine, che il problema sia il 9 febbraio, data, fra l’altro, che non risulta da nessun atto ufficiale e di cui io stesso non ne sono a conoscenza. Il problema vero è fare partire un mercato che non sia solo un contentino, un test o una scommessa, ma che sia una vera prospettiva di crescita.